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A caccia dell'aurora boreale

COME VEDERE L'AURORA BOREALE - Da appassionata del nord del mondo ho sempre desiderato vedere le northern lights ma d’estate è piuttosto improbabile, e infatti non le avevo viste mai. 

Poi, documentandomi, ho scoperto che le tempeste solari che causano questo fenomeno così affascinante hanno una ciclicità di 11 anni e che gli anni tra il 2012 e ail 2014 erano il picco di questo ciclo (e a questo picco in particolare sono anche legate alcune teorie catastrofiste), il prossimo sarà nel 2023-2024.

Quindi nel Marzo 2013 ho deciso di andare in Lapponia, finlandese, e tentare la caccia all’aurora boreale. 

E’ stato un lungo fine settimana emozionante, diverso e bellissimo. La meta è stata Inari, sull’omonimo, immenso lago, a circa un’ora d’auto dall’aeroporto di Ivalo, uno dei più a nord d’Europa, che assomiglia a un rifugio di montagna, con le pareti in legno, le teste d’alce appese e le volpi impagliate.

Appena scesi dall’aereo la sensazione di essere arrivati in capo al mondo è nettissima, e lo diventerà ancora di più sul lago: è freddissimo, un freddo secco, pungente, che rivitalizza ogni singola cellula del corpo. 
L’aria è leggera e viene da berla più che da respirarla. C’è neve, tantissima neve, ovunque solo neve e pini, e renne, le strade sono ghiacciate e le auto usano pneumatici chiodati. 


Il lago, oltre 1000 Km2, con circa 3000 isole, è interamente ghiacciato e nonostante in albergo ci dicano che lo strato di ghiaccio è spessissimo, io sono un po’ titubante all’inizio ad avventurarmi con le ciaspole, soprattutto il primo giorno, che tira un vento artico che sposta. 




In albergo prendono la caccia all’aurora boreale molto seriamente e ci dicono che non siamo lì per dormire ma per andare in giro a cercarla. Il primo giorno tuttavia non siamo stati fortunati: nonostante la previsione di attività solare fosse un kp6 (altissima), c’era un tale strato di nubi che avrebbe bloccato il passaggio di qualunque luce. 

Quella sera siamo andati un po’ in giro intorno al lago, immersi in un silenzio assoluto, con gli occhi ben presto abituati al buio, immaginando che dietro le nubi danzassero colori che non esistono nell’arcobaleno. La notte ci svegliavamo ogni due ore, per guardare fuori dalla finestra e vedere se per caso fosse sbucata la luna. Nulla da fare.

Il giorno dopo invece splende il sole e riscalda le nostre speranze. 


Per ingannare il tempo fino a sera facciamo una corsa sulla slitta trainata dagli husky, ed è veloce, entusiasmante e divertente. Ci si sente liberi, in questi spazi vuoti e immensi, correndo veloci insieme ai cani.






Durante il pranzo, frugale, dentro una capanna lappone scaldandoci davanti al fuoco chiacchieriamo con la proprietaria del parco dove sono organizzate le gite, che ci racconta di essere scappata con i suoi husky, che temono il caldo, dalla confusione del sud della Finlandia e che mai lascerebbe la sua Lapponia, nonostante per noi sia così estrema.




Finalmente arriva la sera, e il cielo è limpido. 
La previsione di aurora è kp4, non alta ma comunque indice di una certa attività. E infatti, terminata da poco la cena leggera (la Lapponia non è terra di gourmet) arriva il grido: “northern lights” e tutti ci precipitiamo fuori, dopo aver indossato tutti gli indumenti caldi che abbiamo. 


I professionisti hanno macchine fotografiche molto serie e i cavalletti: per immortalare l’aurora serve esposizione lunghissima. Io non scatto foto ma ricordo col cuore. 

Mi sono emozionata: era tanto che volevo vedere l’aurora boreale e finalmente, eccola! Non la più potente, né la più colorata della storia, ma pur sempre una splendida danza di luci nel cielo. Questa è l’aurora boreale in Lapponia: luci danzanti alte nel cielo.Si accendono, si muovono, cambiano forma e posizione, si allungano, si accorciano e si spengono, per riaccendersi in un altro punto del cielo e ricominciare la danza. La nostra è durata un paio d’ore, e ci ha tenuto col naso - freddo - per aria sul lago, lontano da ogni luce artificiale e da ogni rumore, a seguire il ballo delle luci. E’ stato uno spettacolo emozionante, sorprendente, bellissimo.
Non era ancora finita che già la volevo rivedere.

Quest'anno, sempre a Marzo, l'ho vista in Scozia ed è molto diversa, non l'ho neanche riconosciuta subito, perché mi aspettavo la danza di luci alta nel cielo, come in Lapponia. 
In Scozia invece, per via della latitudine, le luci si accendono come una fascia all'orizzonte e "sparano" delle fiammate di colore. Si intravedevano - con una necessaria e discreta dose di immaginazione, nonostante la totale assenza di inquinamento luminoso, il cielo infatti era pieno di stelle e l'aurora era debole - i verdi e i rossi che cercavano di bucare la nebbiolina bassa gentilmente offerta dal mare che come a farsi perdonare, però, restituiva il riflesso aumentando la luminosità. 
La panchina fuori dal nostro cottage, la serata fredda ma non gelida, la totale assenza di vento e come unico suono il mare, placido nella fase calante di marea, lo rendono un ricordo struggente. Uno di quelli da "attimo fermati, sei bello".

Red Point, o la strada per andarci

Red Point è un punto rosso: due spiagge di sabbia rossa su una punta. 

Red Point per lungo tempo è stato molto elusivo con me, per ben 3 volte, in stagioni diverse, ho percorso le 9 miglia di B8056 che portano alla fine della strada, al parcheggio e all’inizio di due sentieri, uno che porta alle spiagge, scavalcando le dune, e uno che con 7 miglia di cammino porta a Lower Diabaig (un pensiero di sfuggita: per chi ama camminare e ha  buone gambe, la Scozia è il paradiso) e tutte e 3 le volte la pioggia battente mi ha fatto desistere dall’andare a vedere da vicino la sabbia rossa. 
Non per la nulla Scozia è il paese dei ritorni, una volta non basta quasi mai, e anche tre possono non esser sufficienti.

Il fattore-isolamento di queste spiagge è più che discreto: 9 miglia di single track, in una zona decisamente poco battuta delle Highlands occidentali aiutano ad allontanarsi da tutto,
e il fattore-meraviglia anche è molto alto, tra il colore rossastro della sabbia, gli spazi apparentemente sconfinati, e il fatto che spesso ci sono giusto due o tre persone, se ci sono. 
Con un po’ di fortuna si possono vedere sule e lontre e con molta le focene (dei piccoli cetacei, simili ai delfini). 
Dalla spiaggia sud con la bassa marea si può raggiungere a piedi l’isoletta di Eilean Tioram e ci sono viste spettacolari sulla penisola di Applecross, su Raasay e sulle montagne del Torridon; in fondo alla spiaggia c’è un sentierino poco visibile e pantanoso di 2/3 chilometri che resta sempre in costa e segue il profilo del promontorio - e proprio sulla punta la vista spazia fino a Skye ed anche a Lewis e Harris - seguendo il quale si arriva alla spiaggia nord protetta da grandi dune sabbiose e attraverso un’apertura tra le dune si può tornare con un altro sentierino al parcheggio.

Ci sono voluti anni perché riuscissi a vedere dall'alto delle imponenti dune la spiaggia grande, ma confido in un nuovo ritorno, e spero che il tempo mi sarà clemente.

Mi posso consolare però con la single track che ci arriva, che è molto bella, all’inizio un po’ trafficata, si incontrano auto e furgoni, ma via via che si procede il diritto di passaggio va negoziato solo con le pecore. E può non essere banale, una volta mi sono trovata circondata e non ne volevano sapere di spostarsi. In questi casi si può solo aspettare.

Oppure si possono incontrare le mucche delle highlands













Il primo paesino che si incontra, dopo lo Shieldaig Lodge Hotel, in cui non mi dispiacerebbe fermarmi una volta, ha un’aria molto romantica, è la deliziosa Badachro, una manciata di cottage bianchi molto curati di fronte a una piccola insenatura riparata, piena di barche, c’è anche il circolo nautico che organizza gite in yacht.

















Qui c’è l’ottimo Badachro Inn accanto al molo, dove si mangia molto bene nella veranda con la vista sulla baia. Poco prima c’è un delizioso negozietto di oggetti e souvenir che abbiamo ripetutamente visitato. 

Per chi cerca sistemazioni isolate ce ne sono alcune su una microscopica isoletta privata, Dry Island, accessibile con una passerella sull’acqua.

Dopo Badachro si costeggia il Loch Bad na-Achlaise, piccolino, desolato, e con gli alberi a mollo. 

Alla fine del Loch comincia Port Henderson, un’altra manciata di fattorie, su una baia più esposta.
Si prosegue tra curve e moderati saliscedi in mezzo al nulla fino a Opinan, che si faticherebbe a individuare se non ci fosse il cartello, anche perché si è facilmente distratti dalla bellezza della costa, e qui c’è un’altra spiaggia che sarebbe il caso di vedere. Si continua ancora tra pascoli e rare fattorie, con scorci di mare e cassette delle lettere. 

Su questa strada ce ne sono parecchie e sono molto rassicuranti, riconfermano il legame col resto del mondo, da qualche parte. E sono perfettamente funzionanti: ho spedito una cartolina da questa ed è arrivata, anche se dopo qualche mese.
Poco dopo si attraversa South Erradale che è, se possibile, ancora più piccolo e sparpagliato, giusto qualche casa vacanza, qualche fattoria, campi e tantissime pecore. E’ curioso che North Erradale si trovi a 16 miglia di distanza, dall’altra parte della grande baia di Gairloch, a nord, comunque, come è giusto.

L’ultimo tratto prima di arrivare alla fine della strada e alle spiagge rosse è bellissimo, su un modesto altipiano, brullo e spoglio, con viste spettacolari sul mare e dove si prova quel senso che prende spesso in Scozia di essere fuori dal tempo, fuori dal mondo, in un'altra dimensione.

Questa è la spiaggia di Red Point quando sono riuscita a vederla








Inverie - Away from it all

Come ci si sposta in Scozia? Con tutti i mezzi. 
Ci sono località raggiungibili solo in barca, senza essere su un’isola (Inverie), altre solo in treno (come Corrour), altre ancora solo in auto (come Red Point), e alcune solo a piedi (Sandwood beach).
Queste quattro non sono le uniche, e tutte possono essere raggiunte a piedi o in bicicletta, anche se non sempre facilmente, ma sono quelle che hanno colpito la mia immaginazione e quelle dove vorrei andare. 
Sì, perché qui parlo di posti in cui non sono stata, ci sono arrivata vicino, ma non proprio fino a là.

Inverie

Il paesino di Inverie ha per me un fascino pazzesco, così tanto che quando sono stata a Mallaig non gli ho voluto dedicare solo la manciata di ore frettolose che avevo a disposizione, spero invece di avere la possibilità di viverlo almeno per qualche giorno. 
Il porto di Mallaig da cui parte la barca per Inverie
E’ il villaggio principale nella penisola di Knoydart, l’ultima area davvero selvaggia e disabitata dell’intera Gran Bretagna, il Wild West di Scozia, non è infatti collegata alla rete stradale principale e ci si arriva solo in barca, con 45 minuti di ferry da Mallaig, o a piedi, è a 17 miglia da Kinloch-Hourn, per cui ci vogliono 2 giorni di trekking, in una zona pantanosa, montuosa, rocciosa, generalmente impervia, oppure da Glenfinnan, da dove di giorni ne servono 3, lungo un percorso  ancora più accidentato, spesso su sentieri non marcati, o da Glen Dessary, di nuovo per 27 Km, attraversando anche un ponte sospeso sul fiume.
Non ci si arriva per caso.
Philips's Navigator Scotland
Di questa penisola si dice che stia in bilico tra inferno e paradiso, incorniciata come è tra due profondi sea-loch, il Loch Hourn a nord, che sembra un fiordo e che nella parte finale diventa sempre più stretto, incastonato tra alte montagne dalle pareti ripide, buio, cupo e ventoso, sulle cui rive d’inverno per 5 mesi non si vede il sole, e il Loch Nevis a sud, più riparato, ampio, morbido, soleggiato, con montagne meno imponenti e più accoglienti. E’ una zona montuosa (ci sono ben 4 munros – montagne più alte di 914 metri pari a 3000 piedi) aspra, difficile, molto piovosa e molto remota.
Ora ci abitano circa 120 persone di cui la metà ad Inverie, ma ci sono stati fino a un migliaio di abitanti verso la fine del Settecento, prima che venissero espulsi, sfrattati, mandati via durante l’orribile periodo delle Clearances che qui raggiunse il culmine alla metà dell’Ottocento. 
Dal 1999, dopo essere stata a lungo trascurata dai Landlord che la usavano solo per pascoli o terreni di caccia (con alcune lodevoli eccezioni, il primo generatore di corrente fu installato dal proprietario di allora nel 1950), la penisola è finalmente in gran parte di proprietà della Knoydart Foundation e quindi della comunità, che si occupa di tutto, a cominciare dall’energia, quest’area infatti non è connessa neppure alla rete elettrica nazionale, ma la produce autonomamente, in modo rinnovabile e sostenibile, “verde” quindi, con impianti idroelettrici, che sfruttano l’abbondanza di acqua; una cosa che mi colpisce sempre di questi progetti è che non sono fatti per generare profitto per qualcuno, ma solo benessere e opportunità per tutta la comunità. La comunità si occupa della manutenzione delle poche stradine di servizio (di recente c'è stata una frana e quella che collega Inverie ad Airor è interrotta, come anche parte della linea elettrica), dei boschi, dell’ambiente, delle case e anche delle attività commerciali, ad esempio gestisce la Bunkhouse, una specie di ostello.
Inverie è una striscia di terra di poche miglia, affacciata sul mare del Loch Nevis in una bella insenatura protetta alle spalle dallo Sgurr Coire Choinnichean, che è un Corbett, il nome delle montagne alte invece tra 2500 e 3000 piedi.
dal sito Visit Knoydart

dal sito Visit Knoydart
Naturalmente a Inverie c’è il Post Office che è, insieme alla Community Hall, il luogo principale, vitale addirittura, del paese, dove si trova un po’ di tutto, dal tonno in scatola all’abitino per i neonati, probabilmente fatto a mano da qualche locale.
questo è il Post Office di Skipness, portato a esempio

questo è l'interno del Post Office di Skipness, portato a esempio
Ci sono anche un paio di altri negozi che assicurano lo stretto necessario a residenti e ospiti, perché non è sempre comodissimo andare a Mallaig a fare la spesa, soprattutto se le condizioni meteo non sono buone.
Ci sono cottage, alcuni a una ventina di minuti a piedi dal paese, e b&b (uno, il Doune Stone Lodges è a 6 miglia da Inverie, lungo la costa, ci si può passare una settimana a fare pizzi e ti vengono a prendere in barca a Mallaig), c'è una sala da te e soprattutto c’è l’Old Forge, il pub più remoto, sulla terraferma, di tutta la Gran Bretagna.

Inverie per me è il simbolo dei posti lontani da tutto - away from it all dicono loro - da tutto quello cui siamo abituati, la metro, la folla, la fretta, la solitudine monadica della città, il lavoro alienante. 
E io vorrei per qualche giorno far parte di questa comunità e vivere l’isolamento in mezzo alla natura e a paesaggi meravigliosi, vorrei ascoltare i racconti di chi è arrivato qui a piedi, attraversando valli e superando passi, e ha dormito in tenda o in un bothy, una specie di rifugio,
A'Chuil Bothy (c) OldBackpacker
vorrei tentare un giro in mountain bike o fare qualche passeggiata lungo gli innumerevoli sentieri, quelle guidate dove ti raccontano la storia della penisola, ad esempio di quando i "7 di Knoydart" cercarono, nel 1949, da veterani di guerra, di espropriare alcune terre al Lord, un simpatizzante nazista, e non ci riuscirono ma diedero il via al processo che ha portato l’ultimo Landlord a vendere alla Knoydart Foundation, oppure di quando pare che anche Bonnie Prince Charlie abbia cercato rifugio qui dopo la disfatta di Culloden; vorrei fare le passeggiate naturalistiche, sperando di incontrare i cervi, o anche quelle dove prendi e cammini, immersa nel silenzio e nella natura e non pensi al telefono, che qui non prende, alle scadenze, alle seccature, ma al raggio di luce che passa tra i rami, ai rumori del bosco, alle pietre sul sentiero, al tuo posto nel mondo.
Oppure, vorrei andare a vedere il Market Garden dove coltivano e vendono frutta, verdura e fiori, e fare un giro per gli studi degli artisti che vivono e lavorano qui, chi fa gioielli con tecniche tradizionali, chi fa ceramiche, chi saponi o cuscini, chi scialli filati a mano o lavori a maglia, non mancano certo fotografi e pittori, e c'è anche chi lavora il legno.

Ma è quando viene la sera e l'ultimo ferry se ne è andato che davvero si resta isolati, come su una piccola isola, e immagino il silenzio, e il buio, il mistero, anche, appena oltre le luci delle poche case, dove si intravvedono solo i profili delle montagne e i boschi.
Il possibile senso di inquietudine, di disagio perfino, si potrà tenere a bada con una birra e un piatto di frutti di mare all’Old Forge, dove poi restare a scherzare, ad ascoltare musica celtica, partecipando forse a un ceilidh improvvisato, oppure giocare a biliardo e chiacchierare, e ascoltare le storie di tutti, che i posti così remoti sono pieni di storie – di segreti, di fughe, di progetti, di amori, di delusioni, di sfide, di sconfitte. 
E poi, rassicurati, si potrà tornare a guardare il mare, e il cielo e le stelle, e ad ascoltare la profondità del silenzio.

(to be continued)


Islay, fascino regale

La Scozia conta circa 200 isole, ciascuna con storia, caratteristiche e personalità diverse.
Accomunate dal fatto che sono tutte molto belle.

Islay (pronuncia "Aila") è la quinta per grandezza, dopo Lewis/Harris, Skye, Mainland delle Shetland e Mull, e la più meridionale.

da "Islay" di Norman Newton


E’ nota come “la Regina delle Ebridi” e in effetti è la più regale.
 
Certamente per la storia, era da Finlaggan infatti che i Lord of the Isles nel Medioevo dominavano tutte le isole con mire anche sulla terraferma, tali da suscitare l’ira di Giacomo IV che mise fine all’espansione, ma non al potere del Clan MacDonald, che dovette poi contenderselo coi MacLean e soprattutto con i Campbell, protagonisti della storia più recente dell’isola; ma anche per la complessità della formazione geologica, la varietà dei terreni e la ricchezza della fauna; anche oggi continua a meritare il titolo grazie alla fama mondiale dei whisky single malt, tradizionali e inconfondibili, col gusto della torba e del mare, che si producono in otto distillerie, tra le più importanti del mondo - Ardbeg, Bowmore, Bruichladdich, Bunnahabhain, Caol Ila, Kilchoman, Lagavulin e Laphroaig (e di altre due si attende l’apertura entro il 2020, la Ardnahoe e l'iconica Port Ellen chiusa da 34 anni).

La produzione del whisky è importantissima per l’isola per la popolarità che le dona, per il lavoro che crea e anche per la ricchezza che mette in circolo: la piscina di Bowmore, per esempio, si trova in un locale in disuso della distilleria ed è riscaldata dal calore prodotto in eccesso dalla stessa; anni fa l’Unione delle Distillerie ha supportato, dopo un periodo di tensioni, la creazione della zona di conservazione naturale di Duich Moss, dove ci sono uccelli e piante rari, rinunciando all’estrazione della torba in quell’area. Su Islay c’è un ospedale e si può studiare fino alle superiori. Non è un'isola da cui scappare per mancanza di opportunità e prospettive. E' invece un posto bellissimo in cui vivere.

Come ci si arriva: Islay è abbastanza facilmente raggiungibile, in aereo con un volo di 40 minuti da Glasgow, oppure in traghetto da Kennacraig sul Mull of Kintyre in un paio d’ore, o da Oban in quattro. Sempre che le condizioni del mare siano d’accordo. E’ bello arrivare in traghetto a Port Ellen, vedendo di passaggio le isole di Gigha, Texa e Jura con le inconfondibili Paps e gettare la prima occhiata sui bianchi edifici delle distillerie. A Port Ellen, poi, c’è un particolare faro squadrato (Carraig Phada).


L'edificio per la maltazione a Port Ellen
Io ci sono andata all’inizio di maggio col sole e le temperature miti, ma è interessante anche alla fine di maggio, quando si tiene Feis Ile, il Festival della Musica e del Whisky, e alla fine di settembre, o ad aprile, per assistere alla migrazione di migliaia di oche facciabianca, selvatiche e lombardelle che svernano sull’isola; a ottobre poi ci sono i cigni selvatici che fanno tappa arrivando dall’Islanda e tutto l’anno, se si è fortunati, si può vedere il raro gracchio corallino che vive su Islay. Per chi ama il birdwatching Islay è un sogno.

E' un sogno anche per gli appassionati di whisky, per chi è interessato all'archeologia e alla geologia, per quanto è ricca e varia, e anche per chi, come me, ama le lunghe passeggiate su immense spiagge deserte.

A Islay bisogna dedicare qualche giorno, perché è molto bella, ci sono molte cose da fare e da vedere, ed è anche il punto di partenza ideale per andare su Colonsay e Jura.

Le distillerie meritano di essere viste, anche se uno non beve whisky e non ci capisce nulla, sono infatti edifici bellissimi, perlopiù bianchi, affacciati sul mare (ad eccezione di Kilchoman) e con gli inconfondibili tetti a pagoda; è interessante anche il tour per imparare come si produce l’acqua della vita (il whisky, dal Gaelico “uisge-beatha”): insomma avrà proprietà curative se anche durante il proibizionismo il Laphroaig poté continuare ad essere importato legalmente negli Stati Uniti come bevanda medicinale!





Dalle tre splendide distillerie a sudest, Laphroaig, Lagavulin e Ardbeg, si può fare una gita meravigliosa fino ad Artalla, dove la strada, come spesso succede in Scozia, finisce.


Queste relativamente poche miglia potrebbero da sole richiedere più di un giorno, oltre alle distillerie infatti ci sono le romantiche rovine del castello medievale di Dunivaig, la fortezza sul mare dei MacDonald,






ci sono viste spettacolari sul Kintyre e sull’Irlanda, baie incantevoli, e soprattutto ci sono la Chiesa e la Croce di Kildalton, che non ha nulla da invidiare a quelle di Iona, essendo opera se non della stessa mano certo della stessa scuola.
La Croce ha più di 1300 anni ed ha resistito quasi indenne al passare del tempo e all’attacco della natura. E’ curioso che fuori dal perimetro della chiesa, di cui restano delle rovine, ci sia un’altra croce detta “Croce del Ladro” perché probabilmente indicava il luogo di sepoltura di qualche criminale.




Vale la pena di continuare poi fino alla Claggain Bay e alla spiaggia di ciottoli di Ardtalla, magari dopo aver fatto uno spuntino al locale bar :-) In Scozia non è affatto infrequente trovare dei banchetti con torte, bevande calde, tazze e piattini, e l'honesty box per lasciare i soldi - uno degli aspetti che a me non manca mai di commuovere.


A Sudovest invece c’è la penisola di Oa (pronuncia “Oh”) dove con una passeggiata in un paesaggio un po’ desolato, talvolta roccioso, si può raggiungere l’American Monument su alte scogliere a picco sul mare che ricorda due tragedie navali, entrambe accadute nel 1918, durante la prima guerra mondiale: il siluramento della “Tuscania” e la collisione della “Otranto”, in cui morirono molti soldati americani.
Risalendo il Loch Indaal, un grande lago marino, c’è una delle perle di Islay, uno dei posti di cui conservo il ricordo più caro, la meravigliosa Big Strand, 12 km di spiaggia sabbiosa, che può accadere, come è successo a noi, di avere tutta per sé.


Sul Loch Indaal affaccia anche Bowmore, la capitale di Islay, con la sua splendida distilleria, l’originale chiesa rotonda, i negozi, i ristoranti e un’atmosfera davvero piacevole.

Noi avevamo un delizioso appartamento sulla via principale, a un passo dalla Co-op, ed è stato facile adattarsi ai ritmi dell'isola, che favoriscono belle passeggiate serali alla luce della luna. Bowmore ha una storia relativamente recente, è stata voluta infatti dai Campbell che l’hanno costruita nel 1768 per non avere gente intorno alla loro Islay House.




Sulla sponda opposta del Loch Indaal si trova la deliziosa Port Charlotte, le cui case tradizionali hanno tutte la stessa pianta. C'è il Museum of Islay life e da qui partono due strade bellissime, una delle quali porta alla costa atlantica e alle spiagge.

Quella di Kilchoman sulla Machir Bay è splendida. L'abbiamo vista prima avvolta dalla nebbia fredda che arriva dal mare (si chiama haar) e poi senza. Con la nebbia molto fitta che disorientava e confondeva i rumori del mare aveva un fascino pazzesco e straniante.




L'altra strada da Port Charlotte porta a sud, a Portnahaven, paesino che condivide la chiesa con la vicina Port Weymiss, ma con porte distinte, per non darsi troppa confidenza, forse.
In realtà non è facile distinguere i due paesini, separati solo da un tratto di strada.
L’atmosfera qui è come di frontiera, è un posto remoto, col suo bel faro, rilassato ma anche necessariamente operoso, che bisogna sempre stare all’erta e c’è sempre qualcosa da fare, con un senso necessario e anche un po' epico di comunità e di autosufficienza, che però non diventa mai ottusa chiusura ma resta solidale.
A prova di tutto ciò, a Portnahaven è operativa dal 2002 la prima centrale di Scozia che produce energia dalle onde del mare; si chiama Limpet 500.


Da Portnahaven si può ritornare verso nord lungo una spettacolare single track in mezzo al nulla, strettissima e fortunatamente solitaria. Se non si considerano le pecore, che sono sempre ovunque. Si possono anche incontrare i cervi, e vicino al mare le lontre.
A nord ovest, su un altro sea-loch, il Loch Gruinart, c’è la Gruinart Reserve, una meravigliosa zona di dune altissime e mobili di sabbia bianca su cui crescono l'erba e i fiorellini, che fanno la guardia a una baia dominata dalla marea che è casa a molti animali, anche loro diversi secondo i mesi: un paesaggio che cambia in continuazione, al cambiare della luna e delle stagioni. Un'altra delle ragioni del fascino di Islay e della Scozia: anche lo stesso luogo è sempre diverso.
Al visitor centre della Riserva c'è sempre qualche evento in corso e c'è sempre qualcuno disponibile a raccontare e descrivere tutti gli uccelli e gli animali che si possono vedere, magari davanti a una tazza di tè e una fetta di torta.







Da Bowmore a Port Askaig sono solo dieci miglia, ma sono densissime: a cominciare dall’ampia zona di marea a Bridgend, con la spiaggia che ora c’è e ora non c’è, e poi le rovine del Dun Nosebridge, un forte dell’età del ferro, e soprattutto l’Islay House, a lungo la magione dei Campbell (dal 1677 fino al 1847) e ora un hotel di lusso con un grande parco, blu di campanule in primavera, e la piazza su cui affacciano, oggi come in passato, diverse attività commerciali tra cui un improbabile birrificio, che orgogliosamente difende la sua diversità sull’isola del whisky.



Dal lato opposto della strada che porta alla Islay House ci sono i Woodlands, un’area boschiva col fiume dove è bello fare passeggiate e ammirare i tanti fiori. Poco oltre lungo la strada c’è l’Islay Woollen Mill, che produce tessuti e tweed che, ricorda orgogliosamente il proprietario, sono stati usati nei film Braveheart, Forrest Gump e Rob Roy.

Ancora poco oltre c’è Finlaggan: due isole nel Loch Finlaggan, su cui in epoca medievale c’erano il castello, gli edifici e la sala del Consiglio, da cui i Lord delle isole governavano le loro terre e davano grandi feste in occasione dell’incoronazione di ogni nuovo Lord. Oggi è un sito archeologico molto importante.
E’ curioso che molte guide raccontano di una strana misura difensiva per cui una delle pietre del sentiero che collegava le due isole fosse messa in modo da rovesciarsi se qualcuno l’avesse calpestata male, facendolo cadere nel lago e dando così l’allarme. Io non ho trovato traccia di questa storia, i documenti raccontano invece di una pietra con l’impronta di un piede su cui ogni Lord al momento dell'incoronazione poneva il proprio piede sinistro a indicare che avrebbe seguito le orme dei suoi predecessori; questa pietra fu poi fatta rompere e fu buttata via dal Conte di Argyll in un inutile gesto di oltraggio; nel 1965 è stata ritrovata una pietra con l’impronta di un piede, anche se è troppo recente per essere quella originale.

A Port Askaig c’è il ferry, e lo prenderemo, ma prima di arrivarci si può ancora deviare a vedere altre distillerie, tra cui la Bunnahabhain che è diversa da tutte le altre.


Alla scoperta di Terre Nuove - parte 4 di 4

Dopo l'entusiasmo per gli iceberg , la meraviglia del Gros Morne NP , la visita di siti archeologici e l' esplorazione del nord  che...